06/12/2017 ANCONA - PUNIRE LA RUSSIA, TUTTA LA RUSSIA.
Questo è il senso della decisione del CIO atteso che, con un compromesso degno della migliore filosofia cerchiobottista, viene consentita la partecipazione di singoli atleti russi, preventivamente e debitamente analizzati, i quali sono privati però della possibilità di gareggiare sotto la propria bandiera e con il conforto del proprio inno nazionale.

Non sono esperto di cose militari ma so che lo strappo dei galloni e della bandiera dalla divisa dei soldati costituisce la somma infamia a cui può essere sottoposto il milite.
Questo perché nell’esercito, così come nello sport, l’appartenenza alla propria bandiera è l’essenza prima della motivazione e della partecipazione del singolo in quanto rappresenta, con la propria prestazione individuale, l’intero suo popolo.
Per questo motivo la decisione del CIO mi appare ancora di più come una totale umiliazione del popolo russo, della sua storia, delle sue tradizioni con un’ipocrita parvenza di provvedimento giusto che salvaguarda i “pochi” giusti.
Si sostiene che sussistano le prove di un sistematico utilizzo di doping da parte di quasi tutti gli atleti russi nelle competizioni internazionali, da un decennio, sotto l’egida dello stesso Stato, nientemeno, e dei servizi segreti.
Tali prove sarebbero in possesso del comitato olimpico e deriverebbero da lunghe e continuate indagini effettuate nel (o collegate al) c.d. “rapporto McLaren”.
Non capisco, però, il motivo per cui per alcuni consessi internazionali non valgano regole universali degli stati di diritto quali la responsabilità da accertare solo all’esito di un serio contraddittorio e l’inammissibilità della cosiddetta responsabilità oggettiva.
Non mi risulta che sia mai stata data la possibilità alla Russia di contraddire in una arena imparziale alle “risultanze” del rapporto McLaren (da molti peraltro ritenute del tutto inattendibili).
E’ d’altra parte del tutto evidente che sanzionare un intero popolo, al di là delle singole responsabilità, costituisce una inaccettabile e odiosa punizione oggettiva e collettiva.
Il tutto, ricordo a me stesso, senza contare che in altre occasioni, in diverse e più alte assemblee e per questioni ancora più importanti (Consiglio di Sicurezza dell’ONU nell’anno 2003), le cosiddette prove inoppugnabili si sono poi rivelate delle marchiane e macroscopiche falsità, artatamente e impunemente costruite per una superiore “ragion di Stato”.
Tutta la mia solidarietà al popolo russo.
IL CONSOLE ONORARIO
Avv. Marco Ginesi
Sergey RAZOV, Ambasciatore Straordinario e Ministro Plenipotenziario della Federazione Russa in Italia con Avv. Marco GINESI, Console Onorario della Federazione Russa di Ancona.
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